RACCONTI



Un piccolo racconto, giusto un assaggio.





Un carnefice zelante






Nel sotterraneo, fra l’odore di morte e le ombre dei ratti che danzano sui muri, il tempo scorre lento.
Mi avvicino all’uomo inchiodato alla parete. Un corpo ridotto a una larva bianchiccia, eppure gli occhi rivelano un animo ancora forte. Uno spirito ribelle capace di creare scompiglio, quaggiù.
Allora la rabbia mi travolge e scatto verso di lui
«Di cosa hai più paura?» gli chiedo serrandogli le mani alla gola.
«Del buio» risponde dopo una breve esitazione, sicuro di non rivelare nulla di compromettente per sé e per i suoi compagni.
L’intuizione mi giunge fulminea. Sorrido quando gli cavo gli occhi, a mani nude, facendo leva sui pollici.
Sono un carnefice innamorato del proprio lavoro, convinto che le pene del corpo non contano nulla, se separate da quelle della mente.


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Un altro piccolo racconto, spero vi diverta lggerlo come ha divertito me scriverlo.



In pace. 



Come dici? 


Anche lei Rachele? Beh, il nome a me non piaceva molto. Questione di gusti, credo.

E scommetto che anche la tua era bionda. No, dai, per davvero?

Se rompeva le scatole? Ci puoi giurare. Conosci qualcuna che non sia una specialista nel settore delle fratture sferoidali? Tipico, sì. Puoi dirlo forte.

Non devono essere molte le probabilità che due vicini come noi abbiano avuto a che fare con donne così simili.

Quanta confusione che c’è oggi, faccio fatica a sentirti. Tutta questa gente che gironzola qui attorno, e parla, parla, parla, ma ti sembra il modo?

Comunque, dicevo, una gran stronza. Come? Anche lei? Che sia una caratteristica comune a tutte le Rachele del mondo?

Se per caso aveva una voglia all’interno della coscia sinistra? E tu come lo sai?

Sì, andava matta per gli spaghetti ai frutti di mare e le ostriche crude, sì, e poi si scatenava. Sì, cavolo! Sì, maledetta! Sì!

E va bene, abbiamo conosciuto la stessa donna. Come dici? in senso biblico? Non so cosa tu intenda, comunque l’ho conosciuta abbastanza bene da pentirmene amaramente. Daltronde come credi che io abbia fatto a finire qui così presto? Come? Ah, sì, veleno per topi, almeno penso. E tu? Una coltellata al ventre? Mhhh, piuttosto doloroso. Ma cosa le avevi fatto per farla arrabbiare a quel modo?

Perché sbraiti? Ah… un cane ti sta pisciando sulla fotografia? Beh, cose che capitano il giorno dei morti. Comunque troppa gente, non se ne può più. Ci risentiamo stanotte, quando il cimitero sarà vuoto, a parte quei quattro deficienti della setta satanica che barcollano ubriachi fradici fra le tombe.

Ma porca puttana! Ancora quella goccia d’umidità che mi percola nell’orbita! E che cavolo… si è messo pure a piovere!

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