L’inizio
di un racconto che parla del ritorno di un super eroe misteriosamente
scomparso. Un ritorno non proprio volontario…
Il ritorno di Gladius
Quando Gladius fece il suo ingresso nella stanza,
sembrava morto.
Il suo corpo ristagnava inerte nella carrozzella, come
un grosso pesce intrappolato dalla siccità in una pozza. La tuta blu era
chiazzata di sudore sotto le ascelle. L’essudato grumoso dei farmaci traboccava
agli angoli della bocca deformata dalla paralisi. Gli occhi puntavano direzioni
divergenti, incompatibili con la normale visione umana.
Eccolo,
finalmente, si disse Achille Giani dissimulando un sorriso di compiacimento.
Fulminò con lo sguardo il portantino che aveva spinto
fino a lì la carrozzina e che adesso lo squadrava. Poteva immaginarne i
pensieri sul conto dell’uomo ridicolo che gli stava di fronte. Quell’ometto
basso e magro, calvo e raggrinzito, le mani deformate dall’artrite reumatoide,
le labbra strette, come infibulate da una cerniera lampo. Il cranio reso enorme
dall’idrocefalo che fin da piccolo lo aveva tormentato e che gli aveva lasciato
in eredità un paio di tubi di spurgo infissi nello strato sottocutaneo. Ma
questa figura aveva potere e un cervello di elevatissime capacità.
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Questo è l'inizio di un racconto ucronico. L'Italia ha perso la prima guerra mondiale e...
MISSIONE
MATAJUR
Roma mercoledì
30 agosto 1922
Quando il
sottosegretario Brancati lesse il dispaccio d’agenzia per poco non sputò una
densa striscia di caffè sul muro. Si alzò di scatto dalla poltrona e uscì dalla
stanza afferrando al volo il soprabito, come se alle calcagna avesse un bestia
feroce a digiuno da giorni.
Per le scale
vide Pezzoli che saliva. Afferrò il suo sottoposto per una spalla e gli urlò
nelle orecchie di seguirlo al Ministero
della Guerra.
Lungo il breve
tragitto Brancati informò il
collega.
- Hanno ucciso
Mussolini!
- Come? –
rispose Pezzoli incredulo.
- Mi ascolti bene, non abbiamo molto tempo. La notizia
proviene dall’agenzia Stefani, quindi è ufficiale. È accaduto a Ferrara,
durante un comizio; per mano di un anarchico, secondo una prima sommaria
ricostruzione.
Pezzoli scosse
la testa. – Ci voleva solo questa. Ora sarà il caos. Lui era l’unico che poteva
tenere a freno le squadre fasciste.
- A che punto
è il professore?
Pezzoli
allargò le braccia. – Per questo occorre chiedere a Giuliani, io non ne so
molto più di lei.
Entrarono di
slancio. Salirono due rampe di scale e guadagnarono l’ufficio in fondo al
corridoio.
- Ho già
saputo tutto – disse laconico l’uomo seduto alla scrivania. – Ma se vi può consolare posso dirvi di avere trovato la persona giusta – e sorrise.
Brancati e
Pezzoli lo guardarono increduli.
- Fantastico –
disse il sottosegretario - ma come è messo il professor Finker?
Giuliani
assentì col capo. Prese il telefono e disse: - Se non è ancora pronto lo sarà
fra breve, al punto a cui sono giunte le cose non possiamo più aspettare.
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Andiamo ora nella quiete di un museo egizio durante le ore notturne, un lavoro tranquillo, o forse no.
Una piuma
della Dea
Maat
Maat
La voce del tuono deragliò in un denso magma sonoro, un fragore lento che
soffocava il silenzio della notte.
Al custode, il cuore salì di colpo in gola e prese a picchiare forte col
battito secco di un tamburo di latta: la statua di fronte aveva preso vita e
sembrava andargli incontro per strangolarlo con quelle braccia nere di diorite.
Solo suggestioni, si disse. Effetti
speciali indotti dall’oscurità notturna, quando tutto al museo assumeva una
parvenza allucinata. In un posto dove i luoghi comuni dell’orrore si replicavano
in centinaia di icone funebri, sfumate in una paletta di toni che andavano dal
grottesco allo spaventevole. Lui, poi, non era cambiato per niente. E ancora
adesso, dopo anni di lavoro come custode del museo egizio, ogni minimo
imprevisto gli faceva sempre un pessimo effetto.
Era solo andata via la luce, dopotutto.
«Sete…»
Al custode questa volta il cuore scivolò giù verso il basso, e pregò di
non avere dei buchi nei calzini perché, di sicuro, sarebbe colato fuori.
«Ho sete.»
Le parole venivano dalla sala attigua. Quella del faraone Amenemhat V°.
Se era una scherzo, qualcuno l’avrebbe pagata cara.
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Una sceneggiatura che tempo fa vinse un concorso, ecco l'inizio.
La particolare formattazione che si deve utilizzare per le sceneggiature mi ha dato qualche problema. Così come l'ho postata qui non è propriamente la maniera canonica, ma ci si avvicina parecchio. Comunque il carattere è quello giusto!
L’amico ritrovato
SCENA
1
ESTERNO.
CIMITERO. TOMBA.TARDO POMERIGGIO
Dettaglio
di una pala che getta terra su una tomba fresca. Poi il campo visivo si
allarga, si vedono i piedi e le gambe delle persone, ma non i loro volti.
La
voce fuori campo del prete intona le litanie di rito.
PRETE
Cenere
alla cenere. Polvere alla
polvere.
Una
figura scivola via silenziosa. È un ragazzo di circa vent’anni. Esce dal
cimitero, il volto basso, le mani nelle tasche. S’incammina lungo un viale
alberato. Porta occhiali da sole, anche se c’è poca luce.
SCENA 2
ESTERNO. VIALE ALBERATO. TARD0
POMERIGGIO
La
voce fuori campo coglie di sorpresa il ragazzo.
JACOPO
(V.F.C.)
Un bel
funerale, vero?
Luca
si gira di scatto. Guarda attorno a sé e finalmente vede a chi appartiene
quella voce. Si tratta di Jacopo, il suo migliore amico, il ragazzo appena
sepolto. Riconosce subito la sua figura secca, il sorriso triste-amaro. È
vestito come sempre, ovvero alla sua particolare maniera.
Luca
Prova ad aprire la bocca, ma non ne esce niente. Allunga un braccio,
lentamente, per toccarlo, le dita attraversano quel corpo traslucido senza
avvertire nulla.
Dalle labbra
esce un qualcosa che assomiglia a un rantolo soffocato.
JACOPO
Accidenti,
quanta gente! Quasi
mi
commuovevo anch’io.
LUCA
Jacopo,
ma tu sei…
JACOPO
Morto?
È questo che volevi dire?
Comunque
sì, non c’è alcun dubbio.
LUCA
Già,
allora cosa ci fai qui? (CONTINUA)
Jacopo
scuote la testa. Appare evidente la sua incertezza. Si muove e va accanto a
Luca. Prende a camminare come se nulla fosse, mentre Luca lo segue sbalordito.
Percorrono
parecchi passi in silenzio prima che Jacopo parli di nuovo.
JACOPO
Proprio
non lo so cosa ci faccio
qui.
Luca
si accende una sigaretta e gli porge il pacchetto.
Jacopo
allarga le braccia imbarazzato.
JACOPO
Sai…
ho smesso di fumare.
Jacopo
si abbandona a una risata allegra
LUCA
Scusa,
allora un fantasma?!
JACOPO
Sì,
credo si possa dire così.
LUCA
E…
JACOPO
E
cosa?
LUCA
Perché
sei ritornato?
JACOPO
(sorridendo)
A
volte ritornano, giusto?
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